IL CASO DELLA PISCINA COMUNALE DI SORIANO NEL CIMINO (VT)

"Riceviamo e pubblichiamo - In nome e per conto di Asd associazione sportiva dilettantistica Sport Promotion, concessionaria del Comune di Soriano nel Cimino, dell’impianto sportivo e annessa piscina in Pian di Rosciano, riscontro quanto apparso sul vostro portale il 12 ottobre, per comunicare quanto segue.

Pur corrispondendo al vero la circostanza che il Consiglio di Stato ha accolto l’appello proposto dall’amministrazione di Soriano nel Cimino – avverso la sentenza del Tar Lazio che aveva, nell’aprile scorso, accolto il ricorso di Asd contro le delibere dell’ente, e in particolare la delibera numero 256 del 28 agosto 2012 che aveva dichiarato, unilateralmente, la risoluzione del rapporto di concessione in essere – la circostanza che non siano state, in nessun modo, riferite le motivazioni della sentenza, appare un ingenuo tentativo di non voler rendere nota la completa realtà dei fatti.

Pubblicizzare il mero dato dell’accoglimento del ricorso (quasi come un trofeo), nasconde e travisa la reale portata del pronunciato del massimo organo di giustizia amministrativa, che ha chiarito la reale natura dei rapporti tra le parti.

Infatti – come da testo integrale – il consiglio di stato ha ribadito in particolare quattro circostanze fondamentali ed esattamente:

1) che “costituisce circostanza pacifica che l’articolo 17 della convenzione intercorsa tra le parti per la gestione del complesso sportivo comunale ha previsto la devoluzione delle eventuali questioni nascenti dalla sua esecuzione al giudizio di un apposito collegio arbitrale, con espressa rinuncia alla tutela giurisdizionale”;

2) che “l’articolo 6, comma 2, della legge 21 luglio 2000, numero 205, vigente al momento della stipulazione della convenzione, prevedeva che “le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto” (previsione riportata dall’articolo 12 c.p.a. nel testo previgente alle modifiche introdotte dall’articolo 1 del D. Lgs. 15 novembre 2011, numero 195, per effetto del quale il tenore dell’articolo è attualmente il seguente: “le controversie concernenti diritti soggettivi devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo possono essere risolte mediante arbitrato rituale di diritto ai sensi degli articoli 806 e seguenti del codice di procedura civile””;

3) che “nessuna delle parti in causa contesta la validità della clausola compromissoria di cui all’articolo 17 della convenzione, che d’altra parte deve essere intesa, in assenza di una espressa volontà contraria e di contestazioni sul punto, nel senso che appartiene al collegio arbitrale ogni questione relativa, non solo di interpretazione, ma anche di esecuzione e relativa all’inadempimento (Cass. civ., sez. II, 20 giugno 2011, n. 13531);

4) che “le questioni fatte valere dalla società ricorrente in primo grado attengono effettivamente alla fase di esecuzione del contratto e si fondano sulla inesistenza delle pretese inadempienze contrattuali, così che, ancorché nelle forme dell’atto amministrativo, l’amministrazione comunale ha posto in essere atti di natura paritetica di gestione del rapporto contrattuale (e di tutela dello stesso) e non già atti sostanzialmente amministrativi espressione di potere pubblicistico, dal che deriva che si verte in tema di diritti soggettivi (e non di interessi legittimi).

Tale pronunciato appare, quindi, di fondamentale rilevanza stabilendo, ineludibilmente, la necessità che il comune di Soriano – ed infatti il consiglio di stato nello stesso “ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa” –, di azionare la procedura arbitrale prevista dalla convenzione.

D’altra parte l’ente comunale, nel primo motivo dell’appello esclusivamente richiamato e accolto (e peraltro, come si vedrà, in modo parziale), ha chiaramente affermato che “le parti” (e quindi lo stesso Comune) “hanno preventivamente ed espressamente rinunciato a qualsiasi tipo di azione giudiziaria, prevedendo il deferimento in via esclusiva al giudizio arbitrale di ogni controversia insorta” nell’esecuzione del contatto, riconoscendo così il consiglio di stato, ed anzi affermando a chiare lettere, la necessità di dar corso, prima di ogni e qualunque iniziativa (tanto più se meramente esecutoria), alla procedura arbitrale.

Tanto ciò è vero che il consiglio di stato, accogliendo, appunto, solo parzialmente il primo motivo di gravame dell’ente, non ha recepito la domanda così come anche formulata nell’appello del Comune e volta a “ordinare, se del caso, all’appellata” Asd “di lasciare libero l’immobile oggetto della convenzione … omissis … da persone e/o cose … omissis … senza dilazione alcuna dalla data di deposito dell’emanando provvedimento, con contestuale immissione dell’appellante nel possesso del bene al fine di consentire alla medesima pubblica amministrazione, di utilizzare l’impianto sportivo pubblico per i fini propri dello stesso … omissis …” con ciò evidenziando l’intento del supremo organo di giustizia amministrativa di non voler (conseguentemente), nel modo più assoluto, interloquire su un ambito devoluto, per pacifica quanto chiara ammissione di tutte le parti (e, comunque, sicuramente di Asd che ha da sempre sostenuto tale profilo, al contrario di assunti ondivaghi dell’amministrazione), alla convenzione vigente e, quindi, alla procedura arbitrale ivi prevista.

Alla luce di tutto ciò si evidenzia che l’esito favorevole del ricorso, sia in realtà una “vittoria Cadmea” dell’amministrazione la quale ha, di fatto, riconosciuto innanzi al consiglio di stato la necessità e obbligatorietà della procedura arbitrale e si è vista, appunto, confermare dal giudice amministrativo, solo ed esclusivamente la necessità di azionare l’arbitrato, e cioè esattamente quello che Asd propugnava dal lontano agosto 2012: ciò significa, in parole povere, che l’amministrazione comunale ha inteso e preferito – pur essendo consapevole della necessità di risolvere, nel più breve tempo possibile, la vicenda nell’interesse della cittadinanza all’utilizzo dell’impianto sportivo, solo ed esclusivamente attraverso la procedura arbitrale – accedere a procedure “di imperio” negate dallo stesso giudice amministrativo così, di fatto, obbligando l’ente a sostenere (e facendo sostenere ad Asd) notevoli costi per spese legali, laddove, invece, era necessario ma anche solo sufficiente iniziare la procedura arbitrale prevista dalla convenzione.

Rilievo ultimo (ma non per questo meno importante) è che, in buona sostanza, l’amministrazione, in base al pronunciato chiaro sopra descritto del consiglio di stato, potrà, e anzi dovrà, solo azionare ora (dopo oltre un anno dalla chiusura di fatto imposta dell’impianto sportivo e dopo tutte le spese sostenute) la procedura arbitrale a cui la obbliga il consiglio di stato: ecco perché la qualifica indubbia di “vittoria di Pirro” dell’amministrazione laddove la stessa, per dirla con Plutarco “ove ottenesse un’altra vittoria così sarebbe… rovinata!”.

Qual è infatti, ci si domanda, a questo punto, il senso di aver dapprima posto in essere delibere inneggianti l’immissione coattiva nel possesso (e tali da aver provocato la giusta opposizione di Asd) e, quindi, di aver proposto appello avverso la sentenza del Tar, laddove Asd fin dall’inizio e il Tar in seguito, avevano riconosciuto la necessità di azionare la procedura arbitrale?

Peraltro, solo inneggiando, alla necessità della procedura arbitrale l’amministrazione si è vista riconosciuta dal consiglio di stato il “bel risultato” di dover azionare la procedura arbitrale: esempio più eclatante di vittoria Cadmea non vi può certamente essere!"

(Fonte: http://www.tusciaweb.eu/)